Non c'è tutto 'sto bisogno di questo post, francamente, specie non a un mese di distanza dagli eventi, ma i libri, il purè e i racconti vanno sempre finiti.
Ecco, lasciatemi finire quello che avevo nel piatto.
Arriviamo a Trieste alle 5,35, sotto il faro della Vittoria, con una di quelle luci talmente belle, che ci sono solo quando si ha lasciato la macchina fotografica a casa.
Scaricati Luca e la Paolina, andiamo a casa, prendiamo i costumi e andiamo a fare il bagno in un mare che sembra di mercurio.
Ecco, lasciatemi finire quello che avevo nel piatto.
Arriviamo a Trieste alle 5,35, sotto il faro della Vittoria, con una di quelle luci talmente belle, che ci sono solo quando si ha lasciato la macchina fotografica a casa.
Scaricati Luca e la Paolina, andiamo a casa, prendiamo i costumi e andiamo a fare il bagno in un mare che sembra di mercurio.
Dopo una delle docce più desiderate della mia vita vado a lavorare. Non do il meglio di me, ma lavoro onestamente, quindi alle 18 mi incontro con una signora in San Giacomo e da lì "corro" (sui tacchi e con le gambe di piombo da post-san siro, più che altro rotolo) giù per via San Michele ad assistere al saggio di canto della Nini.
Lei è una sirena.
E' bellissima e la sua voce è cristallina e incantatoria. Tant'è che prima ci sciroppiamo una violinista esordiente (onore al merito, in un solo anno di corso estraeva dallo strumento anche qualche nota riconoscibile, fra un lamento e l'altro, io, con un violino, non riuscirei neanche a infornare la pizza), e marmocchi assortiti che suonano strumenti che non so. Non che non ricordi: ma i bambini sono bassi, non li vedevo oltre il pubblico e io riconosco gli strumenti dall'aspetto, non dal loro suono. Per fortuna inganno il tempo raccontando il concerto al papà della Nini.
Non so come ci trasciniamo a casa, probabilmente ceniamo anche, ma non ricordo con cosa.
Poi, in qualche modo, la sera di giovedì 26, mercoledì 25 giugno, finalmente, finisce.
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