Ogni tanto ci spostiamo anche se non c'è Springsteen a destinazione.
Infatti ho sempre di che lamentarmi di queste gite.
Ho sempre sostenuto che Quellolì avesse un'influenza negativa sulla mia amica Elisa, infatti l'ha trascinata in un turbine di mountain bike e scarpette da imbecilli. Non mi è chiaro come, ci siamo finiti dentro anche noi.
Partiamo una lieta domenica e ci dirigiamo nella bella città di Udin, io, Zzi, la sua bici e il Falcon. "Il Falcon", diminutivo di Millennium Falcon, è la mia bicicletta, un residuato della prima guerra mondiale, infatti l'ho presa usata in provincia di Gorizia, mi sa che era di Hemingway. La chiamo così perchè è "l'ammasso di ferraglia più veloce della galassia"; si cambiano solo le marce sulla manopola destra, le altre sono troppo dure, e comunque io non riesco ancora bene a cambiare le marce, non ho ancora imparato a staccare le mani dal manubrio e non azzardo troppo. Talvolta tenta ancora di disarcionarmi, e la ruota davanti punta a destra, ma tutto sommato è una brava bicicletta.
Giungiamo sotto casa di Quellolì, che sta proprio sopra a un negozio di bici. Io e il Falcon ci specchiamo nella vetrina: io ho un caschetto di plastichina che era costato più della bici, una maglietta rosa troppo stretta che, da seduta, rivela impietosa i miei tre salvagenti e un paio di jeans a vita troppo bassa che lasciano scoperte le maniglie smagliate. Le scarpe vanno bene. Il Falcon è magro, ossuto, fragile e vacillante sotto il mio peso, ha forme tristi ed essenziali, sembra disegnato da un bambino dell'asilo rispetto alle sue discendenti esposte, rampanti, con le strutture più larghe, ma più leggere, con le manopole soffici e antiscivolo, le ruote grosse e i battistrada profondi, i sellini affusolati (ahia) e i pedali minuscoli. Porto il Falcon davanti alla vetrina delle chitarre, prima che venga colto da depressione. Nella vetrina delle chitarre, la mia immagine è la stessa, per giunta tutta quella roba, che non so cosa sia, in mostra mi ricorda il mio fallimento nell'arte di Euterpe. Tra la mia e quella del Falcon, opto per la seconda depressione e mi risposto. Certo che ci voleva proprio Quellolì ad abitare tra una vetrina di biciclette e una di strumenti musicali...quantomeno, sapendo che saremmo arrivati, avrebbe almeno potuto avere il buon gusto di trasferirsi!
Nel frattempo Elisa & Quellolì sono scesi e possiamo partire.
Ovviamente le loro biciclette mangiano in testa alle nostre, per non parlare dell'abbigliamento: sembriamo la Banesto e la parrocchia.
Nel tratto cittadino, Quellolì si guadagna tutti i miei insulti perchè - siccome lui la strada la sa - si infila tra le macchina, taglia le corsie, brucia i semafori, svolta a sorpresa. Io, che ad ogni semaforo impreco perchè non so ripartire da ferma e le macchine dietro mi mettono ansia, sono in leggera difficoltà.
Imboccata la pista ciclabile, invece, il percorso non è malaccio: si pedala fra le pannocchie (sono alte! In autostrada sembravano più basse), di fianco alle rogge, all'ombra dei salici e, con un po' di fortuna, si può vedere un ratto. Sarebbe una piacevole passeggiata, se non fosse che siamo inseguiti dal temporale, e ci tocca andare più veloci che possiamo. Ripariamo sotto la tettoia di un bar quando mancano solo 7 chilomentri e vengono giù gocce d'acqua del diametro di un 45 giri. Io avevo proposto di arrivare a destinazione, avendo calcolato che con una media di 20km/h avremmo percorso la distanza mancante in una ventina di minuti. Ancora adesso mi domando se il mio calcolo fosse giusto, mi dissuasero le acute osservazioni di Zzi - "Hai presente quanta acqua prendiamo in venti minuti?" - e di Elisa - "E chi li tiene 20 km/h COSTANTI e per giunta SUL BAGNATO?".
La sosta si rivela una mano del destino perchè è proprio mentre aspettiamo che smetta di piovere, che Elisa e io studiamo il piano strategico per la Jam Session del prossimo fine settimana (di cui, prossimamente, al blog delle Larrycette: è una Jam Session, non è mica un viaggio). Al termine della sosta abbiamo deciso che: Zzi prende ferie per andare a far la spesa, Quellolì non dorme per venire giù, Quellolì va a dormire nel pomeriggio perchè al mattino va al mercato anche lui, Zzi al pomeriggio va al mare, la cucina è NoFlyZone, mangiamo gnocchi di susini, se riusciamo a prepararli, altrimenti chiamiamo la pizza, se no saltiamo; tanto io e Elisa saremo sazie delle operazioni culinarie, Zzitalia si nutre con la frequenza di un pitone, se Quellolì muore di fame non me ne frega niente.
Arrivati a Saorgnàn, il rumore dei tuoni è coperto da quello del mio stomaco e Elisa, impietosita, ci offre una pasta col tonno (molto buona) e i peperoni sottaceto (sublimi). I fantastici 4 lasciano a malincuore (io più degil altri) la magica cucina di Elisa e proseguono il giro perchè "i libri, il purè e i percorsi vanno sempre finiti". La strada per Nimis, a stomaco pieno, non è proprio una bazzecola, la prosecuzione fino a Tarcìnt è il Mortirolo. Infatti, qui giunti, abbiamo bisogno di rifocillarci con un gelato del Bar Gelo - sarà la bicicletta che mi fa pensare a Paolo Conte, ma io prendo una pallina al limone, mentre i miei più saggi compagni optano per CrosatataDiLamponi, Pinolata e gli altri gusti per cui questa gelateria è celebre. Difatti nel limone c'è troppo latte, ma per le mie considerazioni sul gelato e sulla vita in generale, di nuovo, vi invito a consultareLarrycette.
Il ritorno è praticamente tutta discesa, c'è un po' di vento, abbaia la campagna, c'è una luna in fondo al blu, e quando tramonta questo giorno in arancione, il contachilomentri segna 48.2.
Neanche la soddifazione di poter dire di aver fatto "Cinquanta chilomentri" in bici, neanche...
Infatti ho sempre di che lamentarmi di queste gite.
Ho sempre sostenuto che Quellolì avesse un'influenza negativa sulla mia amica Elisa, infatti l'ha trascinata in un turbine di mountain bike e scarpette da imbecilli. Non mi è chiaro come, ci siamo finiti dentro anche noi.
Partiamo una lieta domenica e ci dirigiamo nella bella città di Udin, io, Zzi, la sua bici e il Falcon. "Il Falcon", diminutivo di Millennium Falcon, è la mia bicicletta, un residuato della prima guerra mondiale, infatti l'ho presa usata in provincia di Gorizia, mi sa che era di Hemingway. La chiamo così perchè è "l'ammasso di ferraglia più veloce della galassia"; si cambiano solo le marce sulla manopola destra, le altre sono troppo dure, e comunque io non riesco ancora bene a cambiare le marce, non ho ancora imparato a staccare le mani dal manubrio e non azzardo troppo. Talvolta tenta ancora di disarcionarmi, e la ruota davanti punta a destra, ma tutto sommato è una brava bicicletta.
Giungiamo sotto casa di Quellolì, che sta proprio sopra a un negozio di bici. Io e il Falcon ci specchiamo nella vetrina: io ho un caschetto di plastichina che era costato più della bici, una maglietta rosa troppo stretta che, da seduta, rivela impietosa i miei tre salvagenti e un paio di jeans a vita troppo bassa che lasciano scoperte le maniglie smagliate. Le scarpe vanno bene. Il Falcon è magro, ossuto, fragile e vacillante sotto il mio peso, ha forme tristi ed essenziali, sembra disegnato da un bambino dell'asilo rispetto alle sue discendenti esposte, rampanti, con le strutture più larghe, ma più leggere, con le manopole soffici e antiscivolo, le ruote grosse e i battistrada profondi, i sellini affusolati (ahia) e i pedali minuscoli. Porto il Falcon davanti alla vetrina delle chitarre, prima che venga colto da depressione. Nella vetrina delle chitarre, la mia immagine è la stessa, per giunta tutta quella roba, che non so cosa sia, in mostra mi ricorda il mio fallimento nell'arte di Euterpe. Tra la mia e quella del Falcon, opto per la seconda depressione e mi risposto. Certo che ci voleva proprio Quellolì ad abitare tra una vetrina di biciclette e una di strumenti musicali...quantomeno, sapendo che saremmo arrivati, avrebbe almeno potuto avere il buon gusto di trasferirsi!
Nel frattempo Elisa & Quellolì sono scesi e possiamo partire.
Ovviamente le loro biciclette mangiano in testa alle nostre, per non parlare dell'abbigliamento: sembriamo la Banesto e la parrocchia.
Nel tratto cittadino, Quellolì si guadagna tutti i miei insulti perchè - siccome lui la strada la sa - si infila tra le macchina, taglia le corsie, brucia i semafori, svolta a sorpresa. Io, che ad ogni semaforo impreco perchè non so ripartire da ferma e le macchine dietro mi mettono ansia, sono in leggera difficoltà.
Imboccata la pista ciclabile, invece, il percorso non è malaccio: si pedala fra le pannocchie (sono alte! In autostrada sembravano più basse), di fianco alle rogge, all'ombra dei salici e, con un po' di fortuna, si può vedere un ratto. Sarebbe una piacevole passeggiata, se non fosse che siamo inseguiti dal temporale, e ci tocca andare più veloci che possiamo. Ripariamo sotto la tettoia di un bar quando mancano solo 7 chilomentri e vengono giù gocce d'acqua del diametro di un 45 giri. Io avevo proposto di arrivare a destinazione, avendo calcolato che con una media di 20km/h avremmo percorso la distanza mancante in una ventina di minuti. Ancora adesso mi domando se il mio calcolo fosse giusto, mi dissuasero le acute osservazioni di Zzi - "Hai presente quanta acqua prendiamo in venti minuti?" - e di Elisa - "E chi li tiene 20 km/h COSTANTI e per giunta SUL BAGNATO?".
La sosta si rivela una mano del destino perchè è proprio mentre aspettiamo che smetta di piovere, che Elisa e io studiamo il piano strategico per la Jam Session del prossimo fine settimana (di cui, prossimamente, al blog delle Larrycette: è una Jam Session, non è mica un viaggio). Al termine della sosta abbiamo deciso che: Zzi prende ferie per andare a far la spesa, Quellolì non dorme per venire giù, Quellolì va a dormire nel pomeriggio perchè al mattino va al mercato anche lui, Zzi al pomeriggio va al mare, la cucina è NoFlyZone, mangiamo gnocchi di susini, se riusciamo a prepararli, altrimenti chiamiamo la pizza, se no saltiamo; tanto io e Elisa saremo sazie delle operazioni culinarie, Zzitalia si nutre con la frequenza di un pitone, se Quellolì muore di fame non me ne frega niente.
Arrivati a Saorgnàn, il rumore dei tuoni è coperto da quello del mio stomaco e Elisa, impietosita, ci offre una pasta col tonno (molto buona) e i peperoni sottaceto (sublimi). I fantastici 4 lasciano a malincuore (io più degil altri) la magica cucina di Elisa e proseguono il giro perchè "i libri, il purè e i percorsi vanno sempre finiti". La strada per Nimis, a stomaco pieno, non è proprio una bazzecola, la prosecuzione fino a Tarcìnt è il Mortirolo. Infatti, qui giunti, abbiamo bisogno di rifocillarci con un gelato del Bar Gelo - sarà la bicicletta che mi fa pensare a Paolo Conte, ma io prendo una pallina al limone, mentre i miei più saggi compagni optano per CrosatataDiLamponi, Pinolata e gli altri gusti per cui questa gelateria è celebre. Difatti nel limone c'è troppo latte, ma per le mie considerazioni sul gelato e sulla vita in generale, di nuovo, vi invito a consultareLarrycette.
Il ritorno è praticamente tutta discesa, c'è un po' di vento, abbaia la campagna, c'è una luna in fondo al blu, e quando tramonta questo giorno in arancione, il contachilomentri segna 48.2.
Neanche la soddifazione di poter dire di aver fatto "Cinquanta chilomentri" in bici, neanche...