venerdì 31 ottobre 2008

W HALLOWEEN [a larreti unificate]

Mi sono sempre scagliata contro l'importazione delle festività, in particolare della merceologicissima Halloween.
Ma, in generale, vale la regola che quando una cosa ne porta un'altra molto buona, allora anche la prima diviene ben accetta.

Nelle mie intenzioni, questo blog avrebbe dovuto aprire domani, primo Novembre, ma data la bellezza e straordinarietà dell'evento, cambio volentieri idea.

Ecco cosa porta di formidabile Halloween

A proposito: benvenuti.

[Mercoledì, 22 Ottobre 2008] Lontano lontano

Mercoledì, 22 Ottobre 2008
No, oltre Milano non siamo arrivati, ma siamo lo stesso andati ad arrenderci in braccio alla musica.
Finalmente, a furia di citarlo a vanvera, posso scrivere di "quella volta che siamo andati a vedere Paolo Conte".
Siccome i chilometri richiesti erano pochi per i nostri paramentri, abbiamo deciso di rendere più avventuroso il viaggio optando per il treno, il quale, per la modica cifra di € 76 (sola andata) ci ha portato a Milano irrigiditi dal freddo e dalla prolungata immobilità, roba che Mannehim era le Maldive, in confronto.
In compenso, il treno da tempo per leggere. Basterebbe avere la sagacia di portarsi un libro leggibile anzichè una zeppa per un mobile instabile edita da Mondadori.
In effetti, la trasferta meneghina è andata talmente bene che non mi ha dato molto materiale per questo blog, eppure di cose ne abbiamo fatte:
- Passeggiata nel quartiere di Brera
- Sbirrozzo con El Puppo e il Navo
- Concertone di Paolo Conte [con annesso tentato acquisto dei biglietti per Capossela, poi scoraggiato dalla scoperta del fatto che i soli biglietti rimasti fossero in piccionaia]
- Sushi [eh, lo so, anche io ho i miei lati oscuri]
- Mostra su Von Karajan [un figo, uno che guidava la Porsche, fumava Marlboro e aveva sposato una stragnocca]
- Itinerario manzoniano col TCI [Sandrino, con tutto l'affetto, decisamente meno figo]
Nessun episodio grottesco, però.

Quasi quasi non valeva la pena partire

[Giovedì, 16 Ottobre 2008] Rimini Rimini - un giorno dopo

Giovedì, 16 Ottobre 2008
L'indomani si apre all'insegna di una colazione parca e modesta. 
Ho saputo anche di ospiti dell'albergo che si sono lamentati del fatto che non ci fosse alcun buffet, ma si tratta di coloro che sono scesi dopo che io me ne ero già andata...

Con la scusa che si deve riposare, lasciamo il mio capo a piedi e Zzi e io ci rechiamo a San Marino; la giornata non è delle migliori, è decisamente bigia, per dirla con Fosco Maraini, ma il borgo merita la visita.
Si noti che, essendo la giornata nazionale [di San Marino? Europea? Regionale? Mondiale? Chi si ricorda?] della cultura, si entra GRATIS a visitare le rocche. Dopo una serie di foto di rara banalità, decidiamo che quello che abbiamo risparmiato con la cultura merita di essere sperperato nel superfluo, e ci dirigiamo al centro commerciale.

Qui, l'Inappetente ordina un frappè al caffè e caramello con panna montata e cioccolata. Mi aggiro fra le vetrine dilaniata dal mal di testa, senza neanche potermi lamentare perchè, alla minima smorfia, il Grillo Parlante sussurra "la panna".
Ad ogni modo, gli outlet sanmarinesi non valgono il viaggio, sono poco convenienti e deserti [io odio la folla, anzi, forse odio proprio l'Umanità, ma un negozio senza neanche la cassiera è troppo pure per me].

Rientrati a Rimini, avendo fallito nella ricerca del mio capo, decidiamo di consolarci con alcune e un [orrendo] negroni. 
Non appena veniamo serviti, dietro le mie spalle Zzi avvista il mio capo.

Ci parliamo da un bar all'altro, ma siccome non sento una mazza e non voglio urlare in mezzo alla strada, inizia una pantomima in cui:
io mi alzo, le vado a parlare, torno da Zzi, gli dico "finiamo e andiamo con loro", mi rialzo, ritorno a parlare, le dico che nel nostro bar il negroni fa schifo, ma fanno da mangiare, allora lei mi sussurra che si spostano loro, torno al mio posto, consumo, riferisco a Zzi, che li guarda perplesso, mi giro, vedo che hanno una nuova consumazione davanti, mi rialzo, chiedo spiegazioni, e così avanti per diversi minuti.
Finchè non si fa tardi e dobbiamo andare a prepararci.

Impieghiamo qualche istante più del solito a prepararci, il mio capo e io, e sforiamo di una ventina di minuti la tabella di marcia suggerita da Zzi.
Chissenefrega, che vuoi che cambi.

Per pudore, più che per convinzione, il mio capo e io percorriamo il molo praticamente di corsa, lasciando indietro i maschietti carichi di cartoni, per presentarci al locale in ritardo, sì, ma nei limiti dell'accettabile.

Mentre camminiamo e parliamo, colpisce la mia attenzione il sosia di Vinicio Capossela.
Identico.
Non potete immaginare quanto: era Capossela sputato; forse un po' più magro e più alto, ma di pochissimo. Lo stesso viso e la stessa espressione, e doveva esserne ben consapevole, perchè vestiva come Capossela e portava la barba allo stesso modo.
Io lo guardo.
Lui mi guarda.
Lo guardo ancora con la faccia di quella che pensa "Belin, sei tutto Capossela".
Lui mi guarda con la faccia di quello che pensa "Hai visto come sembro Capossela?"
Lo guardo, vorrei girarmi e urlare a Zzi che c'è il sosia di Capossela, ma il sosia sentirebbe e farei una figuraccia.
Lui mi guarda ancora, sa che mi sono accorta che è il sosia di Capossela, vuole vedere se dico qualcosa.
Io lo guardo, so che i ha visto le carte, ma non cedo.
E lo guardo
Lui mi guarda.
Smettiamo di guardarci quando io sono praticamente dentro il locale.
Il mio capo e io salutiamo quelli che abbiamo conosciuto la sera precedente, ma la musica è alta e capto solo schegge di conversazione [come al mio solito, del resto].
- "(...) visto? (.....) poco fa (...) uscito adesso"
- "Comeee?"
- "Dico, lo avete visto? Ha suonato fino a poco fa, è uscito adesso"
- "CHI?"

"Vinicio Capossela"

[Domenica, 05 Ottobre 2008] Rimini Rimini

Domenica, 05 Ottobre 2008
L'appuntamento è per venerdì 26 alle 12  a casa mia, per un pranzo veloce e poter partire per tempo.

Siccome non esiste andare ai Glory Days con i capelli nonrossi, mi imbarco a fare la tinta anche se sono quasi le 11 [è tardi ma possiamo farcela se corriamo]. La tinta non viene rossa neanche un po', il che incrementa il mio tasso di isteria, già sulla soglia critica per via del ritardo.

Passiamo a prendere il mio capo al distributore di benzina in cima a Gretta, il mio piano è nutrirci per la strada, ma lei contropropone di mangiare a Mestre tutti insieme, quando avremo raggiunto il suo fidanzato. Mi pare fattibile, Mestre non è poi così lontana, anche se oramai sono le 13.

Va beh, il capo è lei, si parte!

La fame ci attanaglia le viscere, abbiamo bisogno di un minimo di energie per affrontare il viaggio. Alla prima sosta, il mio organizzatissimo capo, mi manda in missione nella sua valigia a prendere un alimento per viaggiatori altamente specializzato: patatine al gusto arachidi. Solo una settimana prima io avevo scioccamente osservato "Che bisogno c'è delle patatine che sanno di arachidi? Non si possono mangiare le arachidi? Oppure le arachidi E le patatine?". Ora, dopo tanti chilometri macinati a digiuno, comprendo la necessità di incorporare un alimento dentro l'altro, affinchè le due prelibatezze siano prontamente disponibili al palato. Zzi finisce di fare il piano e lasciamo Sezana.

[per quelli che non hanno riso alla gag sulle distanze]

cartatrieste
Il viaggio procede bene e arriviamo a Mestre senza grossi intoppi; qui il fidanzato del mio capo ci accoglie con svariate fette di pizza, che io divoro senza un minimo di ritegno, attaccandomi poi al collo della Heineken come un camionista polacco dopo tre giorni di digiuno.

Arriviamo a Rimini con un leggero anticipo sulla tabella di marcia, così decidiamo di mostrare la località al mio capo e al suo fidanzato.

Ribadisco: non è che non riuscivamo a trovare l'albergo, abbiamo voluto indugiare per le vie del centro affinchè i passeggeri potessero familiarizzare con il luogo.

Saliamo in camera e ci diamo appuntamento per scendere nella hall.

Mi presento all'appuntamento, ma il mio capo non è pronto.

Allora vado a cambiarmi.

Il mio capo bussa, ma io non sono pronta.

Allora va a cambiarsi.

Poi finalmente io sono pronta, ma mi tocca aspettarla.

In qualche modo i nostri rispettivi ci tirano fuori da questa spirale di ritardi a catena e ci spediscono in auto. Il meteo è infame, fa freddo, pioviggina e tira bora a centoventi. Io sono vestita da pupazzo promozionale della MerryGoRound, in total look viola, spezzato solamente da un po' di nero, per riprendere i colori delle nuove t-shirt. In pratica: una suora Ravasco coi camperos.

Il molo che conduce al locale è uno spettacolo: onde che arrivano da entrambe le parti, flutti che saltano oltre i parapetti, acqua che arriva da ogni direzione. Il Rockisland sembra Mont San Michelle, e noi quattro battiamo il record dei 400 a ostacoli per arrivare dentro asciutti, o almeno non stonfi.

Abbiamo proprio bisogno di una piadina per riprenderci dalle intemperie affrontate. E di una birra fresca, ovvio. Ma che grande questa birra, ci vorrebbe un cartoccetto di patatine calde. Accidenti, che poche le patatine nel cartoccetto, ce ne vorrebbe un altro.

Quando arriva Semprini e ci alziamo per salutarlo e ringraziarlo dell'ospitalità, il mio biglietto da visita sono le mani unte, il grembo pieno di briciole e del ketchup sulla guancia destra.

Lo so perchè, dopo che ci siamo baciati, c'era del ketchup anche sulla guancia destra di Semprini. Adesso anche lui sa come ci è finito, se mai avesse dubitato.

La serata è un successo, i musicisti sono coinvolgenti e strepitosi, un po' beoni e un poco artisti, compagnoni e nati tristi, il pubblico è entusiasta, io traggo somma soddisfazione anche dal mio capo, che conosce un sacco di canzoni di Bruce: era una fan, e non lo sapeva.

Insomma, come sempre in queste occasioni, la serata finisce troppo presto e non vediamo l'ora che sia domani sera.

[Mercoledì, 01 Ottobre 2008] La vita xè na giostra, ciò!

Mercoledì, 01 Ottobre 2008
A questo punto è necessario spiegare che da qualche tempo collaboro con un'associazione Onlus che si occupa di assistenza a bambini in condizioni disagiate e a malati affetti da parologie rare.

E' una realtà piccola che tira avanti con le energie e le risorse dei fondatori e dei soci; non fa moltissimo, paragonata a strutture più ampie, ma fa già qualcosa, e vedere che i propri sforzi giovano a qualcuno è una soddisfazione comunque.

Se qualcuno è curioso e ci vuole aiutare, questo è il sito:



www.merrygoround.it



Non ne ho parlato fin'ora per mancanza di occasioni e per timore di ricoprire l'associazione con la patina di inaffidabilità che lascio dietro di me come una lumaca cialtrona, ma ora il momento è propizio erchè larryezzi hanno fatto la prima trasferta con l'associazione.

Siamo saliti sulla giostra e siamo scesi a....

[Lunedì, 29 Settembre 2008] Chi non ha testa abbia gambe

Lunedì, 29 Settembre 2008
Una fa orienteering perchè spera di poter sopperire con la testa dove non arrivano le gambe, invece no, l'orienteering è il contrario: bisogna sopperire con le gambe dove non arriva la testa, e se sei carente in entrambe non vai lontano.

Aggiungiamo pure che la Jesolo Cup non richiedeva grandi doti strategiche [devo andare da Qui a Lì - Quante strade ci sono? - Una - Quale sceglierò????] ed ecco che non serviva gareggiare per scoprire quale posizione avrei occupato in classifica.

Il primo giorno si corre per Jesolo lido, paese e spiaggia, coniugando all'orienteering anche lo slalom fra le bancarelle, il salto del guinzaglio e la sempre amatissima gara a chi mangia più sabbia.

Tutti si lamentano che i percorsi erano molto obbligati, c'erano poche scelte da fare che avrebbero potuto discriminare i risultati a livello prettamente tecnico, e che, quindi, l'ordine di arrivo è stato determinato più dai polmoni che dai lobi temporali.

Sarà.

Per me non sono i polmoni, è il cuore che tiene in mano il destino, tutto sta nella motivazione: si vede che non avevo abbastanza fame per sbattermi ad arrivare per prima al ristoro.

Ci arrivo per ultima, ma Zzitalia mi conforta con il ristoro privato: ceniamo nel malfamatissimo bar sotto l'albergo, club sanwich, birra e biliardo.

Essendo io la superpippa della stecca, la partita si protrae per un tempo infinito, durante il quale butto giù anche un negroni [adesso che l'ho ritrovato non lo lascio più], al quale potrò dare la colpa della mia pessima performance dell'indomani.

L'indomani, infatti, si corre a Cavallino, fa un freddo spietato, pioviggina e l'umidità mi conferisce l'andatura di Gambadilegno.

Corro lo stesso perchè la zoppìa è il miglior alibi, potrò dire che avevo il negroni nel fegato, la colazione sullo stomaco, la gamba gigia e il belino girato perchè il percorso era ancora più obbligato di quello del giorno prima.

Noi perdenti siamo così: impegno zero, ma scuse a mazzi.

In compenso, all'arrivo ci sono le merendine Balconi, quelle tipo tegolino, ma con molto più cioccolato. Sono molto apprezzate dai golosi perchè sono confezionate con il cartoncino, il che permette di scofanarsene diverse dozzine senza sporcarsi le mani; questo, per me, purtroppo non vale, perchè ogni volta che mangio qualcosa me la spalmo sulla faccia tipo impacco di bellezza, e, quando arriva, Zzi mi becca subito.

I rimanrchevoli risvolti positivi del weekend sono: il ristorante indiano [mentre scrivo non so se avrò tempo e voglia di recensirlo, comunque era buono] e l'incursione all'ipermercato per comprare un fantastico, indispensabile, necessario, mai-più-senza

SERVIZIO DA BAGNA CAODA

...sotto a chi tocca...
postato da: RedHeadedLarry alle ore 22:49 | Permalink commenti (4) 
Commenti
 
#1  30 Settembre 2008 - 18:33
 
Quando fai le gare di orientiring sei la mia eroina.... (a dire il vero anche quando insegni a Paolo l'inglese, leggi le preghiere in Chiesa, ecc.) :))))) 
Francy
utente anonimo

#2  01 Ottobre 2008 - 10:27
 
Oh Luce dei miei occhi e Padrona Suprema della mistica Bernie, perchè non ti iscrivi al blog, anzichè scorrazzare nell'anonimato? 
A proposito, siete SICURI SICURI che la bagna caoda non vi piaccia?
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#3  01 Ottobre 2008 - 16:20
 
Ecco la luce non più anonima...ma mica son così tecnologica io! Ho appena scoperto anche l'esistenza dei messaggi... vabbè, posso migliorare! 
Confermo i nostri gusti noiosi.... in compenso abbiamo scoperto che ci piace molto il mahi mahi alla vaniglia... sabato ti spieghiamo cos'è! ;) 
Francy
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#4  05 Ottobre 2008 - 18:45
 
ATTENZIONE! Rettifica: il luogo dove si è tenuta la seconda gara, quella successiva a Jesolo, non era Cavallino - Treporti, bensì CA' SAVIO!!! 
Ecco perchè non mi ci ritrovavo...
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[Martedì, 02 Settembre 2008] Other Honeymooners

Martedì, 02 Settembre 2008
Non è un viaggio, d'accordo, ma ha richiesto dei preparativi tali da essere paragonabile allo sbarco sulla luna.

Zzitalia era tranquillo, nel suo completo nuovo e con i capelli tagliati di fresco.

Io ero nel panico più assoluto: il vestito era largo, ma il giacchino era stretto, una manica era palesemente storta, le spalline erano lunghe, le mie gambe erano corte e non potevo mettermi le tette. Mi ero, infatti, procurata delle tette posticce sulla cui misura il vestito era stato realizzato e a venti minuti dall'inizio della cerimonia scopro di non poterle indossare perchè - scigura -  la spallina del reggiseno non rimane coperta da quella del vestito. 

Imbastisco un sistema di tiranti e nastro da pacchi e usciamo, mentre io mi ripeto come un mantra che "tanto in chiesa non mi levo il giacchino e nessuno se ne accorgerà".

Nel finestrino del taxi vedo riflessa la mia acconciatura architettonica e il fulgore della nuova tinta, che fa a pugni col vestito, come da copione. Sono la versione deformata di Amy Winehouse uscita da una vasca di passata di pomodoro.

Appena arriviamo, stranamente, ci vedono tutti.

Gli invitati sono tutti eleganti e bellissimi, ma le mamme degli sposi, come vuole tradizione, mangiavano letteralmente in testa a tutte noi altre pischelle che quell'eleganza lì ce la sognamo, anche se abbiamo gonne più corte o tacchi più alti.

Lo sposo è strabiliante, è talmente bello ed elegante che non merita nemmeno i complimenti: è ovvio che è tutta opera di sua moglie e di sua madre, lui - al massimo - si sarà fatto la barba.

Gli altri quattro uomini rilevanti, ovvero i padri degli sposi e i due testimoni, sembrano usciti dal ballo di Cenerentola (e conoscendo la sposa dev'essere stata quella l'ispirazione) e sfoggiano un'armoniosa combinazione di colori indossando cravatte e accessori rispettivamente color notte, fior di pesco, sangue di bue e perfezione: il fratello dello sposo sbaraglia qualsiasi concorrenza con la sua cravatta arancione.

La sposa resiste due minuti d'orologio dopo l'ora convenuta, poi la sua puntualità patologica la fa giungere, a bordo di un maggiolone cabriolet che fa tanto "Salviamoci la pelle", sotto gli occhi ammirati degli invitati.


E' talmente bella che non si può nemmeno invidiarla, tanto è superiore a noi comuni mortali.

Appartiene ad un'altra specie, riesce ad indossare l'abito di Barbie Principessa delle Meringhe e nonostante questo ad emanare un'eleganza hepburniana, romantica, ma non leziosa, solenne, ma non superba. 


Peccato per gli swarovski del corpino che, pur realizzando un decoro sobrio e azzeccatissimo nell'economia dell'abito, non riuscivano proprio a brillare più della sposa stessa.

Ci decidiamo ad entrare e non sappiamo dove metterci, poi individuo Ilaria e Francesca, le ragazze che mi devono ammaestrare sul da farsi, e guadagnamo la panca dietro di loro, appena in tempo per voltarci e ammirare la sposa che percorre la navata al braccio di un papà più emozionato di lei, che tira come un setter.


Sfoglio frenetica il libretto della messa e inizio a disturbare chiedendo informazioni ovvie alle poverine davanti a me, le quali, contagiate dall'amore che irradia la sposa, mi spiegano tutto come se fossi musulmana. Io, al loro posto, mi sarei data un pugno sui denti.

Vado a leggere il salmo. E' già un miracolo che non mi sfracelli sui gradini dell'altare perchè le scarpe mi sono diventate grandi e mi scappano, facendo il caratteristico rumore di zoccoli sciabattati, che tanto si addice ad un luogo sacro, ma il meglio di me lo do dal pulpito: non vedo niente.

Guardo la pagina e non c'è scritto niente, solo vermetti grigi che si rincorrono, tutto è offuscato. Mi tolgo gli occhiali per leggere meglio, ma la situazione non cambia; mi ricordo, allora, che non sono presbite, è che ho la pressione a duecento per l'emozione e ho appena fatto la figura dell'ottuagenaria, che da vicino non ci vede più.

Mi impapino, perdo il segno quattro volte, sputazzo nel microfono, sudo come un cammello e me ne vado accompagnata dal clocchete-clocchete dei miei piedi e dal rumore del nastro da pacchi che sta inesorabilmente cedendo e che cerco di bloccare stringendo le ascelle, assumendo la postura di un gallinaceo.

Sono protagonista di un altro siparietto comico al momento delle preghiere dei fedeli, quando l'officiante legge -  a sorpresa - la prima di esse gettando nel panico più assoluto noi tre grazie ammucchiate dietro il leggio. 

Si scatena il parapiglia perchè non possiamo semplicemente 'scalare' in quanto la terza preghiera è della sposa (per forza, parla dei loro nonni defunti e dice 'io e Paolo', sarebbe quantomeno di cattivo gusto letta da un'altra), una deve rinunciare, nessuna vuole fare quella che si tira indietro, del resto nessuna vuole fare la prepotente sulle altre. E' una questione di prontezza e coordinazione.

Io, sempre producendomi nell'imitazione dell'ippogrifo con ascelle strette e zoccoli scalpitanti, mi distraggo a sghignazzare coi testimoni dello sposo, perdo l'attimo e in un battibaleno ecco che quella che è andata sul pulpito per niente divento io.

Non importa, anzi, meglio così. Se gli sposi non avessero voluto qualche contrattempo esilarante a spezzare la tensione della cerimonia, avrebbero scelto una persona seria; se hanno scelto me vuol dire che erano ansiosi di godere delle infinite movimentazioni che una gigantesca Tequila Sunrise col passo di Furia-Cavallo-del-West poteva dare ad una altrimenti piatta cerimonia.

In un modo o nell'altro, e nonostante me, gli sposi, cui rifiliamo il solito nome di fantasia da coppiette,  Paolo&Francesca, riescono a convolare a giuste nozze e escono dalla chiesa salutati dalla tradizionale pioggia di riso colorato.




Mentre gli sposi vanno in città a realizzare le foto per il loro album, gli invitati si dirigono verso il ristorante, dove viene servito nel frattempo un aperitivo di benvenuto.

Arrivano gli sposi e siamo pronti per sederci a tavola, non prima di alcune foto di rito.

Rimarchevole l'episodio in cui la sposa fa una specie di imitazione di Fonzie e al comando "Cugine!" viene attorniata, in un delta T prossimo allo zero, da un campionario di gnocca mai visto tutto assieme.

Ho visto poi altri invitati gridare "cugine" e allargare le braccia come il famoso meccanico, ma senza lo stesso effetto.

L'aspetto gastronomico del matrimonio merita una digressione a parte. Qui basti sapere che mi sono autoproclamata La Ragazza Fogna e che il mio dirimpettaio, cui anche rifiliamo un nome di fantasia - Josephine - tanto ne ho che mi avanzano, ha talmente avuto modo di condividere l'esattezza della mia definizione, che ha iniziato ad utilizzarla anche lui. Ma è un fan di Springsteen che suona il sax, può dire quello che vuole.

La serata prosegue tra canzoni, trenini, resistenza passiva (della sottoscritta) ai trenini, macchie che si materializzano come per magia sul mio vestito, crisi di commozione alla vista della sposa che balla col suo papà, nutrizione smodata, frizzi e lazzi.

Non paghi, andiamo a rompere le scatole agli sposini nella loro suite ai Duchi (Zzi si astiene da questa pratica, io ci sguazzo) e, la mattina seguente, a colazione.

Praticamente Francesca ha visto più me che suo marito, ma adesso che è in viaggio di nozze negli Stati Uniti, sono quasi sicura che farebbe cambio, almeno a ore pasti.
postato da: RedHeadedLarry alle ore 14:00 | Permalink commenti (7) 
Commenti
 
#1  11 Settembre 2008 - 08:13
 
il racconto più esilarente, vero e tragicomico :-ppp che abbia letto sull'evento dell'anno in quel di Trieste. 
Un abbraccio 
Ilaria 
P.S: quella con te a colazione il giorno dopo che si domandava il significato delle fontane.... :-))
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#2  12 Settembre 2008 - 11:48
 
Ciao! 
Son Anna anche io a colazione il Day After! 
Troppo divertente il tuo racconto!soprattuto quello relativo al momento lettura :p 

hi hi hi 

ciao ciao 
Anna
utente anonimo

#3  12 Settembre 2008 - 12:55
 
Oddio! Che emozione. Sono diventata ancora più rossa!
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#4  18 Settembre 2008 - 13:53
 
ecco la terza con cui hai fatto colazione...e ke ha potuto ammirare, e distanza moolto ravvicinata, le tue performance "da pulpito"! :p fantastico il tuo resoconto..non ho mai riso tanto!! 
Rosi ;)
utente anonimo

#5  29 Settembre 2008 - 17:28
 
Avevo scoperto l'esistenza di questo articolo già durante il viaggio di nozze...ma x fortuna non l'avevo letto, così ora, sola a casa, abbandonata prematuramente dal mio sposo x impegni lavorativi ed in preda alle prime crisi da rientro..... ho riso a crepapelle!!!! 
Grazie! Baci dalla Sposa!
utente anonimo

#6  30 Settembre 2008 - 08:10
 
Lorenza, sei una grande! Hai una carriera assicurata come scrittrice, pensaci, e noi saremo le tue prime lettrici! 
Un abbraccio 
gabriella detta anche mamma della sposa
utente anonimo

#7  03 Ottobre 2008 - 13:09
 
Ecco, poi quando mi fanno i complimenti non so cosa dire e ho solo parole banali. 
Io ne sono onorata, ma il vero artista crea dal dolore...fatemi la cortesia: ditemi la verità!
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[Domenica, 31 Agosto 2008] Tre uomini in Barça (per tacer di Larry)

Domenica, 31 Agosto 2008
Atterriamo nel caldo torrido di Barcellona. 

Ora ho capito perchè la Crema Catalana è flambè: non le danno fuoco, le si scotta la superficie appena entra a contatto con l'aria degli ambienti.

Io faccio la solita figura della campagnola e mi stupisco di tutto: i cessi dell'aeroporto sono puiti, il treno che porta in città è lindo e puntuale, la metropolitana è netta e comprensibile. "Netta" inteso come sinonimo di "pulita", ma ho l'atroce sospetto che sia un'accezione prettamente genovese.

I catalani parlano una lingua meravigliosa, dolce e musicale, non come gli spagnoli che hanno un idioma isterico e sputazzano a ogni sillaba. Voglio imparare il catalano, leggo tutto ad alta voce, come i cinquenni, e mi avventuro in traduzioni; tempo un minuto la  mucca pazza ha fatto il suo corso e non mi ricordo più niente.

Grazie all'intercessione del Professore, che arriverà l'indomani, abbiamo a disposizione un appartamento in una zona deliziosa e ben servita dalla metropolitana. Un non meglio identificato anzianissimo amico del padrone di casa ci mostra gli ambienti, il funzionamento della caldaia e ci da le chiavi. Per metterci a nostro agio ci parla con brevi frasi in latino, io non so come dirgli che avrei maggiore dimestichezza con lo swaili, annuisco con aria vacua (tanto avrà capito Zzi) e mi domando preoccupata se mi parla in latino perchè dimostro l'età di Seneca o perchè sembro un prete.

In compenso, la casa è talmente bella che a momenti la compro.

Barcellona, invece, un po' mi delude, me la aspettavo più....più...no: me l'aspettavo meno Genova.

Okay, lo so: mi sto triestinizzando, tutto quel che vedo nel mondo "lo g'avemo anche nòi", ma,  a parte le dimensioni mastodontiche, che ha barcellona di diverso dal capoluogo ligure? Ha il passeggio, le bancarelle, gli scippatori, gli zingari, i turisti, i caruggi, le baldracche (brutte) in strada alle tre del pomeriggio, la statua di Colmbo, l'Expò e i magazzini del Cotone, odora di fritto e di cibo a qualsiasi ora del giorno e della notte e la squadra di calcio cittadina è rossoblù. Sfido chiunque a non confonderle.

Comunque, tutto sommato, mi piace. 

Sicuramente nella valutazione influisce il fatto che con 8 euro a testa ti danno da mangiare cose buonissime fino a scoppiare, ti alzi da tavola alle due e ti siedi al bar, poi rotoli fino alla gelateria per fare scorta delle energie necessarie ad arrivare all'aperitivo. Siccome qui si cena tardi, sono indispensabili due somministrazioni di sangria.

Tra uno snack e l'altro raccattiamo Slonc, che, essendo alto due metri e due, ha paura di non essere identificabile  e si presenta con la maglia della barcolana, così lo individuiamo meglio.

Ci raccontiamo la rava e la fava, facciamo uno spuntino, ceniamo e lo conduciamo nella umile dimora, dove molto poco cavallerescamente gli rifiliamo il letto a castello, con la scusa che tanto lui è troppo lungo per qualsiasi letto, quindi....

Il giorno dopo abbiamo posti seduti sugli spalti, in fondo in fondo, praticamente fuori, e ci permettiamo il lusso di fare i turisti, ricavandone anche qualche foto onesta.

Arrivano messaggi terrificanti dal Professore, forse non può venire, forse è bloccato in Sardegna, c'è il rischio che perda il concerto della sera dopo (il primo era fuori discussione da subito): l'ultimo. Che disgrazia, poveretto.

Ci facciamo prendere anche noi dalla nostalgia e dal panico che questo sia l'ultimo tour con la E-street e decidiamo che it's now or never.

Trasgrediamo tutte le regole, buttiamo sul piatto tutti i nostri averi, o la va o la spacca, dài facciamolo.

Portiamo dentro la videocamera e tentiamo una ripresa.

Siamo disorganizzati come non mai, le batterie non saranno mai sufficienti, abbiamo cassette per 180 minuti esatti, ma non importa: è giusto per avere un ricordino, mica filmiamo tutto.

Mica.

Tre ore con il braccio a 90 gradi e la faccia incollata all'obiettivo (perchè se apro lo schermo consumo la batteria e del treppiede non ho mai neanche sentito parlare), un occhio in camera e un occhio al palco, più immobile che posso, inquadrando fra le teste e le ascelle di quelli davanti.

Il risultato è un filmato che sembra ripreso da un motoscafo, tanto è fermo, però c'è stato tutto, è completo, e l'audio è sorprendentemente buono. Oddio, naturalmente non bisogna considerare i grugniti dell'operatore sui duetti con pattiscialfa (nota grammaticale: si scrive sempre minuscolo, è un nome di comune di cosa, o meglio: è un nome di cosa comune) e quel disturbo, quel grido isterico "Finisci la ripresa! finisci la ripresaaa!" di Larry che passa la camera a Zzi e si accascia semisvenuta sul sedile.

Anche questa volta, a un passo dall'Impresa, ho miseramente fallito. L'epopea non è roba per me.

Mi sa che ho incautamente straviziato, il mio intestino grida vendetta e il giorno dopo è il giorno della coda.

Nel frattempo il Professore è riuscito ad arrivare. Grandioso, sono contenta per lui; è che siamo diventati in 4 in casa, e il cesso è sempre uno solo.

Tutte le soluzioni anticagotto vengono adottate, dalla limonata, al casco di banane, al tappo di sughero.

Alle undici del 20 Luglio siamo in fila davanti allo stadio, io sfoggio un grazioso colorito penicillina e il numero 1137 sulla mano. Davanti allo stadio ci sono tutti: Luca Bastiano e Gianfranco; il Genovese di Arnehm che non mi ricordo come si chiama, ma è un nome da genovese, tipo Fabrizio/Fabio, roba così; Giancavassa & Lacristina; mezzo veneto; l'asciuttissimo Supernova...poi c'è uno che riesce a scontrarmi in uno spiazzo enorme e ha ancora la faccia di dirmi "Stia attenta". Mi giro come un cobra e gli faccio:

......

"Fruuut! Alòre, cemut?" : è arrivato Theriver69!!!

L'organizzazione catalana è tale che alle due abbiamo il nostro bel braccialettino azzurro e alle due e un quarto siamo al bar.

Del pomeriggio non so narrare nulla perchè l'ho passato dormendo su una panchina. Della spasmodica attesa nel pit nemmeno, perchè ho tirato una pisa anche lì, passando alla storia come la goffa addormentata nel pit.

Siamo laterali ma vicini, talmente vicini che stavolta lo tocco e do un senso alla mia vita, magari gli tiro il larryhat e se se lo mette...ah, se solo se lo mettesse! Mi perdo nelle mie fantasticherie e una stangona mi si para davanti: fine della favola.

Alla fine del concerto, come la sera precedente, arrivano sul palco i figli: ha copiato da Waits, solo che i figli di Waits suonano per davvero, quelli di Springsteen fanno due accordi spastici e sbatazzano le maracas.

Poverini, hanno preso dalla mamma.

Io spero di sbagliare, spero che il saluto lungo e commosso di Clarence non significasse che questo era l'ultimo concerto della E-Street in Europa. 

Nel caso, ho cominciato con la mamma e ho finito con i figli, tutto sommato ho chiuso il cerchio.

Il terzo giorno il Professore e Slonc tornano a casa e io posso ricominciare a tenere la testa dritta, visto che sono entrambi più alti di Zzi e ho trascorso tre giorni con il mento parallelo alle tette ("tette" per modo di dire, passatemi la licenza letteraria). Anche quando ero in bagno continuavo a guardar verso l'alto per abitudine.

I nostri compari vengono degnamente sostituiti da TheRiver69, il quale, però, non si può dire che faccia per due.

In realtà fa a malapena per uno, perchè il più delle volte sparisce (tende a seminare la gente con la quale cammina, anche - o soprattutto - se gli si sta parlando) e quando c'è parla pochissimo; ma è Furlano e vale doppio!

Si va a Parc Guel, affrontando una salita spietata e cedendo, a metà, alle lusinghe dell'autobus. Qui ogni quindicenne con i capelli a mezzo collo ci pare il figlio di Bruce, deludendoci dopo un attimo con la sua parlata catalana. Facciamo le foto di rito ad un panorama orrendo e torniamo verso il centro, fermandoci a mangiare in una bettolina in cui, nuovamente, ci rimpinzano come porchini (animali mitologici per metà porci e per metà i tacchini) per i soliti 8 euro.

In città rifacciamo il solito giro: via Venti, piazza Matteotti - via San Lorenzo - via Canneto il Lungo - Sottoripa - Magazzini del Cotone.

All'Expò festeggiamo il 20mo litro di sangria con una fresca caraffa di sangria e cisquini ["stuzzichini" per chi non conosce tutti i vocaboli che invento o che mutuo da altri coniatori] vari e poi ci dirigiamo all'aeroporto, dove ho il coraggio di domandare il gelato. Theriver69 prima fa una faccia disgustata per tutto quel che posso mangiare, poi prende il gelato con me, e lo finisce pure per primo.

Pare che il volo di ritorno sia stato un po' turbolento, per via di alcune forti correnti.

Io, guardacaso, dormivo.

[Martedì, 26 Agosto 200] Il giorno di Sant'Alessio

Martedì, 26 Agosto 2008
I più attenti avranno notato una impercettibile lacuna nella fabula dei nostri viaggi, eppure è questo il viaggio più lungo della stagione.

Ho tanto atteso affinchè alcuni ricordi svanissero e potesse l'encefalopatia spongiforme dove non avesse potuto la sintesi.

Il dinamico duo se la prende comoda, parte per Milano la mattina del 17 luglio e nel capoluogo lombardo - dopo il ritiro dei biglietti - se la tira pure da turista, in abiti borghesi, passeggiando fra i monumenti (e le vetrine, è pur sempre Milano).

Nel tardo pomeriggio Zzi ha voglia di qualcosa di fresco, tipo un'acqua tonica, mentre a Larry basterà un caffè, giusto per non sedersi al tavolino senza ordinare.

Giriamo due angoli a caso e ci sediamo al bar Principe della bellissima piazza Sant'Alessandro.

Ordiniamo due negroni e ci sfondiamo di stuzzichini.

Il miglior negroni della mia vita, devo dirlo a mio padre, migliore di quello del bar degli aperitivi di viale Brigata Liguria (o Bisagno? Mai saputo, comunque quello lì, dal museo di Storia Naturale a Genova), perfino migliore di quello di Lino di piazza Alimonda, quasi migliore del mio. Il segreto è tutto nel gin.

Tornati agli Arcimboldi, praticamente plano sul mio maestro di chitarra, il quale subito mi redarguisce "Basta far casino, non siamo mica a un concerto di Springsteen".

All'interno del teatro mi guardo intorno per vedere se c'è Capossela, ma non lo vedo, forse perchè cerco un tizio col cilindro e una pelliccia, e magari lui non va sempre in giro così. Inciampo su Lella Costa e quando Benigni e la Braschi (che piccoli!) prendono posto, finalmente si può cominciare.

Un concerto di Tom Waits è qualcosa cui tutti dovrebbero poter assistere una volta nella vita. Le mie unghie sono ancora conficcate nel braccio di Zzi da quando ha attaccato Hang down your head.

All'uscita ci salutiamo platealmente, poi andiamo alle macchine, che sono posteggiate in fila una dietro all'altra, e l'addio struggente perde un po' della sua solennità.

Ci fermiamo a dormire in autogrill, ma ci sveglia la grandinata del secolo - pessima scelta il Garda, pessima scelta - e continuiamo per l'aeroporto.

Con la strizza d'ordinanza, la mattina dopo voliamo a Barcellona.

[Lunedì, 25 Agosto 2008] BOLLINO ROSSO

Lunedì, 25 Agosto 2008

Non vi agitate, non sto pubblicando un racconto erotico.

Semplicemente riflettevo sul viaggio Trieste-Genova di venerdì 22 Agosto e su quello Genova-Trieste (via Udine) di domenica 24 Agosto.

Oltre che contrassegnati dal tempo sereno e dalla temperatura calda, ma non torrida, si è trattato di un percorso quantomai scorrevole, senza traffico intenso; anzi, specialmente quello di domenica è stato caratterizzato da una singolare scarsezza di veicoli in viaggio, insolita in tutti i periodi dell'anno.


Bollino rosso, avevano detto, code di chilometri, controesodo, rientri, milioni di miliardi di veicoli in marcia verso le grandi città:

Invece sembra ceh dalle ferie non sia tornato nessuno, almeno per quanto riguarda gli abitanti le località raggiungibili con la A4.

Forse gli Italiani sono ancora in vacanza, forse hanno optato per la partenza intelligente. Forse.


O forse "i no g'ha uno per far due": siamo un popolo con le pezze al culo e le ferie le facciamo in casa, ma non sta bene dirlo al TG, fa così cafone!

postato da: RedHeadedLarry alle ore 11:35 | Permalink commenti (1) 
Commenti
 
#1  26 Agosto 2008 - 13:06
 
Ma infatti io non so come fosse a GGènova, però io e il Ghatto abbiamo notato che Trieste quest'anno non s'è mica svuotata! 
Gli anni scorsi ricordo di essere rimasta colpita da quanta poca gente ci fosse in giro sotto ferragosto. Quest'anno invece no. 
Bascini! *-* 

Nin
utente anonimo

[Mercoledì, 13 Agosto 2008] Una giornata al mare

Mercoledì, 13 Agosto 2008

Partenza intelligente, perchè è il primo sabato di Agosto e ci sarà casino sulle strade, per non parlare del confine. Si va in Croazia, pur consapevoli che non ce la caveremo con mille lire (di questo passo Paolo Conte mi denuncerà).


Sveglia alle 5, colazione e via in macchina, con tutto il necessaire da mare.


Quellolì, siccome si va al mare, ha portato le pinne. Poi come si fa a non dargli del furlanotto appena venuto via dalla campagna? Fin troppo facile.

Io, ovviamente, ci patisco da matti che lui ha le pinne e io no, ma, piuttosto che dargli la soddisfazione, mi impicco.


Prima del confine sloveno Elisa dorme, alla sosta diesel le cola la bava.


Giungiamo senza difficoltà alcuna a Parenzo, la spiaggia è deserta, ci siamo noi, gli inservienti e i vecchi (pochi). Non c'è nemmeno il posteggiatore.

Sono pure chiusi i cessi. Io risolvo facendo il bagno, Elisa si contorce fino alle nove e venti, poi si arrende e, dovendo comunque andare a cambiare i soldi, lei e io andiamo a fare due passi in paese.


Anche perchè la spiaggia è bella, il mare stupendo, c'è la pineta, il minigolf il ping pong e ci siamo portati le carte e i libri; ma, dannazione, siamo arrivati alle sette e mezza, stiamo in spiaggia fino a cena. CHE PALLE! La pisciatina in paese è sopravvivenza!

A proposito di surving kit, come da manuale del perfetto turista in Croazia, spossate dai diciotto passi che abbiamo messo in fila, sostiamo a rifocillarci in un bar, che offre krapfen grandi come meloni con dentro il doppio della crema che sta in una torta nuziale. Parte l'analisi organolettica e troviamo il suddetto dolce piuttosto leggero, per niente unto, sfioccato, con lo zucchero asciutto, sapientemente cotto e farcito di una crema spumosa, ma non grassa, delicata e in cui non prevale l'uovo. Insomma, uno direbbe un krapfen perfetto.

No!


Eretici.


Il krapfen deve essere un cuneo nello stomaco, se mangi il krapfen al mare, non puoi fare il bagno per tre giorni, e a volte muori lo stesso. Il krapfen deve essere ragionevolmente unto: è una frittella, quindi non deve (ovviamente) grondare grasso, ma si deve sentire che 'ha fatto padella'. Dentro deve essere umido quanto basta affinchè quando viene morso rimanga l'impronta delle arcate dentali. I lembi del krapfen addentato non si separano, non è un Buondì: una pasta ben lievitata e ben cotta non osi separare ciò che gli incisivi uniscono. In bocca è soffocante, mascella e mandibola devono separarsi a stento, la sensazione non è quella di masticare una torta, ma di masticare plastilina.

Il vero krapfen va affrontato a bocconi piccoli, con rispetto; un krapfen che lascia in vita dopo un morso a piena bocca, non è un krapfen.

La crema, poi...uno il krapfen lo prende come vuole, per certi versi la sua morte è la marmellata (dolce, ma non grassa, pulisce e stordisce il palato al contempo), ma la vera perversione è la crema pasticcera.

E che crema sia, gialla come il risotto con lo zafferano, satura di tuorli, voglio morire di colesterolo, voglio una maionese dolce, al limite corretta con un goccio di marsala, o un'idea di scorza di limone (marsala, marsala!).


Se avessi voluto stare leggera avrei mangiato fette biscottate.


Già sono al mare, già devo stare dodici ore in spiaggia, già c'è un sole che spacca le pietre, già sono in compagnia di Quellolì.

Ho bisogno di un krapfen come dio comanda, un krapfen - Gott in Himmel - un krapfen o del prozac.


Ce ne torniamo accaldate in spiaggia passando davanti al rustico che comprerò quando sarò ricca, per trasformarlo in un bed&breakfast (che mi renderà ricca) grazie al quale potrò cucinare torte, biscotti e dolcetti per la colazione, e servire in salumi istriani accompagnati dal pane fatto nel forno a legna che metterò in giardino.

E quando arriverà Bruce Springsteen mi dirà “Ehy, you, bella culona, I see that you have a forno a legna, make a pizza for me”, ma io non avrò ancora imparato a farla e sprecherò l’unica occasione della mia vita.


La giornata in spiaggia in qualche modo trascorre: sto più in acqua che sull’asciugamano, con la scusa che non si può stare al sole nelle ore calde, dopo pranzo ingaggio una sfida all’ultimo sangue a ping pong  con Quellolì, sostituendo un paio di volte la pallina con una pietra e mirando al centro dei suoi occhi.


Lui ha il buon gusto di perdere.


Finalmente arrivano le 19.30 e si può andare via dalla spiaggia, per la ben più agognata meta del ristorante.


Come accade ogni volta che poso il mio voluminoso deretano sulla sedia di un esercizio che somministra alimenti, lo spirito di Anton Ego si impossessa di me e mi dedico al mio sport preferito: la critica spietata delle pietanze, del locale, del servizio, delle scarpe della cameriera e, se ciò non mi soddisfa, pure degli avventori.


Sfortunatamente Quellolì non si strozza con il bolo, anzi, ha pure la faccia tosta di mangiare con gusto, davanti ad Elisa e me che ci logoriamo perché quello che è stato un minuto in bocca ci resterà un anno sui fianchi.


 


Ma siamo per il giorno da leone, lei e io, i cent’anni da pecora li vivano le secche!


postato da: RedHeadedLarry alle ore 15:42 | Permalink commenti (4) 
Commenti
 
#1  13 Agosto 2008 - 16:03
 
aahhahaha :D un giorno da leoni o cento da pecora?? meglio 50 da orsacchiotto!!
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#2  14 Agosto 2008 - 14:30
 
"Ho bisogno di un krapfen come dio comanda, un krapfen - Gott in Himmel - un krapfen o del prozac." 

Me la posso tatuare? 
Nini
utente anonimo

#3  22 Agosto 2008 - 12:45
 
Infatti ho una doppia vita da orsetto di peluche
Blogger:  Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utenteRedHeadedLarry

#4  22 Agosto 2008 - 19:53
 
non è colpa miaaaa... 
( o sì? ) 
c'ho provato a finire le portate!!!
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