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sabato 10 gennaio 2009

Bootleggers, roll your tapes

Se non fossimo due squilibrati che perseguitiamo Springsteen per tutta l'Europa, non avrei niente da scrivere in questo blog.
Se non fossimo abituati a macinare autostrada, non vedrei mai i miei genitori.
Se non avessimo fatto il callo ai chilometri, non potremmo goderci i concerti.
Perciò - è vero - non è un'impresa titanica, per noi, montare in macchina dopopranzo, fare 250 chilometri, vedere un concerto e rientrare a casa, altri 250 chilometri dopo, come se fossimo di ritorno dalla pizzeria sotto casa: sotto i cento chilometri, la Racing Couple non si accorge neanche di avere messo in moto, quindi lungi da me farla pesare all'oggetto del nostro interesse ....però....

All'andata, tutta elettrizzata dall'idea del concerto di Tal dei Tali a Trieste a Febbraio, ascoltiamo il suo ultimo disco; siccome Zzi è impegnato a non sbagliare strade, una volta in Valdobbiadene, approfitto e lo faccio suonare per la terza volta durante il medesimo viaggio.
Facciamo il passo Boldo, 18 tornanti e un miliardo di gallerie a senso unico, su cui pendono ghigliottine di ghiaccio perchè la neve, scioltasi e righiacciatasi sulle reti di contenimento per le frane, ha dato vita a concrezioni suggestive quanto sinistre. Forse erano meglio le frane.
Da qui in poi la molta neve che ha accompagnato il viaggio diventa una quantità esagerata, i canali di irrigazione sono rotaie di ghiaccio e il Piave fuma.
Il termometro della macchina è evidentemente rotto, perché non può esistere, in natura, quella temperatura lì.

Feltre è bella e composta, adornata di venti centimetri di neve su ogni muretto, ringhiera, sporgenza, ramo, bordo, maniglia, profilo, automobile, specchietto, paletto, catena, tognolino, gradino, persiana, davanzale, grondaia, tetto, strada e albero di Natale. Però fa un freddo cane, Giuda d'un Giuda.
Ci rifugiamo, nell'ordine, in un negozio di stoffe, in libreria e in pasticceria. Svariati euro in meno e diversi chili in più dopo, ci dirigiamo al Crown Pub, nostra reale meta.

Nick non c'è. Lui e la simpacumpa arrivano subito, lui si riconosce perché è quello teso come il braccio di un nazista, con gli occhi spiritati, emozionato come una sposa. Noi, veri bootlegari, non ci uniamo alla simpacumpa per la cena, ma consumiamo il nostro [discutibile] risotto alla Guinness a un tavolino minuscolo, per non perdere la pole position davanti al palco.
Con la scusa che siamo a meno cinque e che le feste non sono finite, ordiniamo un club sandwich taglia mammuth, che io irroro con litri di birra, tanto non guido!

Nel frattempo Nick riempie il suo stomaco ristretto e inizia ad aggirarsi ansioso intorno alle strumentazioni.
Dispone le armoniche su uno sgabello e vaga in trance ripetendo "Non vedo l'ora di cominciare". Alle domande sulla scaletta risponde dapprima con vaghezza, poi ci concede un "non ve lo dirò mai, dovrete passare sul mio cadavere".
Solo che io ho solo una cassetta da sessanta minuti e mi immedesimo nel dramma di chi ha fatto il bootleg di Bologna 2002, chi ha perso "la coda di Thunder Road nel palazzetto illuminato" perché aveva chiuso la camera e la cassetta era finita. Quelli di loro che non sono più perseguitati dalle erinni si sono suicidati dal rimorso, a quanto ne sappia.
Il ragionevole Fiore comprende la situazione e ci lascia leggere la scaletta [Belin!]

Quattordici risistemazioni di armoniche dopo, si comincia.
E son bravi.
Belin, se son bravi.
Non che avessi dubbi, ma - ammettiamelo - conoscendo Nick l'emozione avrebbe potuto giocargli un brutto tiro, invece va tutto liscio.
Certo, le armoniche richiedono in continuazione di essere allineate sullo sgabello, come tutte le armoniche, del resto, ma, a parte questo, tutto va alla grande, grazie anche al contributo dell'eccezionale percussionista Guido, l'uomo con il minor numero di battiti di ciglia al mondo. Forse è incrociato con le anatre e ha una membrana protettiva che gli permette di non chiudere le palpebre; riguarderò il filmato per approfondire.
Il filmato è, per tradizione, ripreso dal motoscafo: anche se ero seduta, fornita di sgabello dove appoggiare la camera e nessuno a frapporsi fra me e l'oggetto della ripresa, ho scelto di fare dei movimenti bruschi per dare la deliberata impressione del bootleg ripreso furtivamente e duramente sudato. Tipo "Salvate il soldato Ryan", per intenderci.
/asterismo/

Riportiamo a Trieste due colleghi di Nick, impietositi dalla loro commovente avventura di quattro ore di treno per assistere al concerto.
Non li conosciamo e, esauriti i convenevoli della serie "ma voi com'è che conoscete Nick", la conversazione rischia di languire. Accidentalmente, butto lì l'argomento Tal dei Tali.

I nostri comapagni di viaggio sono estimatori di Tal dei Tali e uno di loro - botta di culo - non ha ancora sentito il disco nuovo. E giù, per la quarta volta, nel lettore CD, finché Zzi non comincia ad accelerare in prossimità di incroci e in direzione dei muretti spartitraffico.
Il viaggio prosegue veloce, alla surreale temperatura esterna di meno dieci gradi, facendo ipotesi e piani strategici per incontrare casualmente Tal dei Tali nei locali triestini, si enumerano le bettole, si fanno calcoli statistici sulla base di dati storiografici, si pianificano appostamenti.

Rincasiamo con i sacchetti della merceria e della libreria. Quest'ultimo, lo ricordavo più leggero; guardo dentro e vedo che è stato riempito con tutti i cd di Tal dei Tali che erano in macchina.
Mi sa che da domani si riascolta Springsteen, mi sa.

lunedì 29 dicembre 2008

Da Soli - on the road

[[NOTA BENE: PER EVITARE DI SVELARE L'OGGETTO DELLA NARRAZIONE, IN QUESTO RACCONTO L'AUTRICE FA USO DI ALCUNI MISTERIOSI NOMI DI FANTASIA, ALTRIMENTI LA NINI CAPISCE CHE GHATTO LE HA GIA' PRESO I BIGLIETTI PER IL CONCERTO DI FEBBRAIO E ADDIO SORPRESA]]

Il 24 dicembre mi era parsa una giornata perfetta, avendola iniziata acquistando, presso il teatro Vattelapesca della mia città, i biglietti per il concerto di Tal dei Tali [approfondisci!].
Questo Natale, infatti, non ci siamo recati a Genova dai miei gentori, perché abbiamo deciso di trascorrere la sera della vigilia con i miei suoceri e, contemporaneamente, approfittare per riposarci e stare in casa, col non trascurabile vantaggio di risparmiare qualche soldino.

Il 26 Dicembre, emblemi di coerenza, prenotiamo i biglietti per il tradizionale concerto di Natale di Tal dei Tali in un circolo arci della provincia di Reggio Emilia. Tra viaggio, biglietti e pernotto spendiamo come se avessimo regalato uova di Fabergeè, ma per fortuna ce la siamo cavata con pidocchiosissime marmellate fatte in casa e ce lo possiamo permettere.

La mattina del 27 stabilisco il record personale di permanenza in un supermercato, praticamente faccio cadere le cose nel carrello con il solo spostamento d'aria che provoco correndo fra gli scaffali, ci nutriamo con pastiglie per astronautie ci mettiamo in macchina.
Io sono un gomitolo di euforia cardata con la tensione, non spiccico parola per tutto il viaggio se non per cantare la discografia di Tal dei Tali.

Arrivati sul posto ci facciamo cacciare dal locale perché è chiuso e apre alle diciannove. Mentre ce ne andiamo arriva una macchina da pappone con dentro uno che potrebbe essere Tal dei Tali [o il suo sosia, che per me non fa differenza alcuna]. Guida col cappello. Non dirò mai più niente su quelli che guidano col cappello.
Alle sette meno cinque siamo di nuovo lì, ma grazie a Dio non siamo i primi. Mi guardo intorno, è stranissimo andare a un concerto e non incontrare nessuno che conosciamo. Per fortuna Zzi era in accordo con un utente di dvdtree che ci raggiunge di lì a poco.
Tutti intorno sembrano tranquilli e anche noi ci rilassiamo e prendiamo l'aperitivo, grazie al quale mi sfondo di stuzzichini; tanto sono già ingrassata di sei chili, sembro un barbapapà. Stai a vedere che saranno questi tre chili di frittata, questa teglia e mezza di pizza e queste quattro dozzine di olive ascolane a fare la differenza. E' che quando sono emozionata perdo l'appetito.

Verso le otto/otto e mezza iniziamo a salire le scale con fare normale; fischiettando indifferenti ci mettiamo in coda davanti alla porta di accesso alla zona del concerto. Non conosco il posto, non so dove andare, non c'era su internet una cazzo di cartina, non ho un piano d'azione e sono agile e scattante come un comodino. Giuro che mi metto a dieta.
Zzi è appogiato alla parete, serafico e a braccia conserte. Gli mancano solo le infradito, poi è Goemon. Aprono la porta, il pubblico fluisce diligentemente, ma rapidamente, lungo una balconata e giù da una scala, che fa un po' di intasamento. Io non faccio in tempo a capire da che parte voltarmi, che Zzi fa "Di qua" e mi porta giù da una scala che nessuno percorre. Ora, io vorrei fargli notare che se nessuno ci va sarà perché non conduce da nessuna parte, ma poi mi sovviene che sui percorsi e sui posizionamenti ai concerti ha sempre ragione, ripenso al pit di Mannheim e mi mordo la lingua. Tanto, casomai, se finiamo dietro, glielo potrò sempre rinfacciare in una lite qualsiasi, fra una dozzina d'anni. Faccio appena in tempo a finire queste elucubrazioni che ho i gomiti sul palco.
Cremo il credito del cellulare mandando - molto matura, complimenti! - messaggini alle mie amiche per vantarmene; mi meriterei che mi cadesse una cassa sulla testa, ma....oops! Sono talmente vicino che le casse sono dietro di me.

Tal dei Tali ha uno strano nasino: visto di profilo è normale, visto di fronte la narice sinistra è storta o, meglio, ha l'area cava parzialmente invasa da una minuscola escrescenza carnosa perfettamente semicircolare, che crea una breve ombra - come una virgola - sulla punta del naso; sembra quasi che la parte terminale della cartilagine sia stata tagliata e si sia cicatrizzata storta.
Io lo so perché ero lì sotto.
Tal dei Tali ha gli incisivi superiori scuri. Non tanto ingialliti dal fumo, proprio scuri, come se fossero piombati. In compenso sono piccoli e perfettamente dritti; nonostante questo sputazza un po', parlando.
Io lo so perché ero li sotto.
Tal dei Tali ha la pelle del viso liscia e chiara, con poche rughe di espressione intorno agli occhi e la fronte tesa come quella di un bambino; suda come un verro, sarà per via del copricapo.
Io lo so perché ero lì sotto
Tal dei Tali ha le mani snelle e nodose e riesce a tenere alzata la falange del pollice tenendo falangina e falangetta parallele. Le unghie sono piatte ed eccezionalmente ordinate.
Io lo so perché ero lì sotto
Mi hanno raccontato che ha anche suonato e cantato e raccontato storie, ma io ero troppo presa dalle falangi e dalle cartilagini nasali e non ho prestato grande attenzione.

Ad ogni modo, della serata praticamente non ho memoria, l'eccessiva emozione ha rimosso i ricordi; so solo che più tardi, a concerto terminato, mentre era lì che autografava dischi e si ingozzava [ma con che stile!] di panetti col crudo, mi ha rivolto la parola.

Mi ha detto:








"Eh?"

Dal diario di Sarma


Ciao a tutti, sono Sarma, la mucca che suona l'ukulele nella testa di L'ERRI, l'imbecille un tempo nota come Larry.
Dico imbecille perché ci vuole una mente menomata a dare a una mucca il nome di un involtino di maiale, ma questa è forse la cosa meno grave.

Lo scorso sabato abbiamo fatto un bellissimo viaggio in macchina. Io amo molto i viaggi in macchina perché in questi casi mi lascia suonare quanto voglio e ogni tanto canta pure con me. Questo viaggio è stato subito speciale, appena sedute in macchina ho attaccato con l'ukulele a ruota libera, tutte le funzioni cerebrali erano a mia disposizione.

Poi siamo arrivati in un posto arancione (io non vedo fuori, posso al massimo vedere cosa danno sul nervo ottico, ma il più delle volte sono immagini confuse), ma ce ne siamo andate subito. Siamo tornate più tardi, e io ancora ci davo dentro alla grande col mio ukulele.
Poi c'è stato un momento, poco prima che si facesse buio, che mi ha fatto stare zitta e mi pareva di stare in una diligenza del far west da tanto che si saltava: sempre così quando fa le scale in discesa di corsa.
Poi ho ricominciato a suonare per un paio d'ore, finché non mi ha fatta stare zitta, muta e ferma in un angolo.

Allora ho posato l'ukulele e ho provato ad andare a sbirciare dietro le retine e ho visto un uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa, spettinato e con la barba. Strano naso, devo dire.
Ho provato a fare un giro dalle parti di una tromba di eustachio, ma laggiù è tutto rovinato e non si capisce niente di quello che arriva da lì; da quel che ho potuto sentire, però, sembrava bello.

Insomma che me ne sto per più di due ore senza fare niente, senza pizzicare una cordina, senza solfeggiare con la coda, senza fare clocchete clocchete con gli zoccoli. Niente.
Le funzioni cerebrali, d'improvviso, erano tutte tese ad elaborare gli stimoli inviati dall'uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa. E uno strano naso.
Poi, pian piano, ricomincio a muovermi, ma con cautela, che l'uomo molto bello vestito di rosso con un cappello in testa non si vede più, ma pare essere nei paraggi. Infatti, dopo poco vengo imbavagliata e incappucciata e quando mi libero il nervo ottico è tutto fosforescente. Da dietro alle retine intravedo l'uomo molto bello non più vestito di rosso e senza cappello, ma sempre con il naso strano, che guarda in questa direzione.

Subito imbraccio l'ukulele e comincio ad accordarlo. Da sotto le mie zampe sento partire l'impulso alle braccia di Larry di porgere qualcosa all'uomo molto bello eccetera; wow - penso - qui ci vuole anche l'armonica - la metto al collo e comincio a soffiare.

L'uomo molto bello eccetera fa un gesto come per dire "Ciao barbapapà occhialuto, come cazzo ti chiami?".
Ed è qui che compio il mio capolavoro: vedo l'impulso di dire "Lorenza" partire dal lobo frontale davanti a me, ma ho già messo la grancassa sulla schiena e attacco una scatenata Ramrod versione 2005, così tutto quello che si riesce a comandare alla bocca è "Larry".
L'uomo molto bello eccetera ha una smorfia di disgusto e fa:





"Eh?"


Ed ecco il mio delirio di onnipotenza, non mi ferma più nessuno, e il massimo che il cervello riesce a comandare è di ripetere ['laeri] (notazione fonetica). L'uomo molto bello eccetera fa spallucce e scribacchia qualcosa sulla cosa che ha ricevuto da Larry.
Intanto, qua nel cervello, c'è una specie di rave party: dallo stomaco sono arrivati contemporaneamente i segnali di nausea, sazietà e appetito, le ginocchia si sono convertite in polenta, la mano destra è diventata spongebob, la sinistra una gelida propaggine inutile, il cuore è esploso in un fuoco d'artificio con tanto di scie luminose. Perfino un rene ha dato una fitta, così, per spirito di partecipazione.

L'uomo molto bello eccetera si sbarazza della cosa che ha ricevuto e la manciata di neuroni rimasta in servizio muove le braccia di Larry a riceverla indietro.
Sempre continuando a suonare corro a sbirciare cosa sia questo misterioso oggetto foriero di cotanta agitazione: vedo che è un libro con la copertina azzurra, "Non si muore tutte le mattine", edito da Feltrinelli, in edizione economica [alè, abbiamo già fatto la figura dei pezzenti].
Nella prima pagina c'è uno scarabocchio a biro, si legge.



L'ERRI

L'AUTORE

Vicino Compostela

NATALE 2008




>>E parte la fanfara<<